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Centro trasfusionale dell’ospedale di Lentini chiuso. Stefio: “vergogna della politica regionale”

Donatori di sangue indignati costretti a ritornare a casa per la chiusura del centro trasfusionale dell’ospedale, carente di personale

Continuano i disagi per i donatori di sangue a causa della carenza di personale nel centro trasfusionale dell’ospedale di Lentini. Disagi, questi, abbondantemente segnalati dal presidente dell’Avis di Carlentini, Paolo Raudino.

A denunciare la situazione è stato il sindaco di Carlentini Giuseppe Stefio, uno dei principali donatori di sangue nella zona nord, che ha espresso indignazione nei confronti della politica regionale e dell’assessore alla Sanità.

L’assessore regionale competente  – dichiara il sindaco Giuseppe Stefio – si dovrebbe vergognare. Noi non vogliamo morire di mala sanità.  La chiusura, anche se temporanea, che si ripete a distanza di poco tempo del centro trasfusionale di Lentini, è una vergogna istituzionale insopportabile. Il nostro è un territorio con un alto tasso talassemico e privarlo di un presidio sanitario fondamentale, qual è  il centro trasfusionale,  rappresenta perfettamente quella che è la politica sanitaria regionale e la considerazione che ha rivolto nei confronti delle comunità del triangolo Carlentini-Lentini-Francofonte. Mi sento di condividere un sentimento, con tutta la mia comunità, nei confronti degli artefici di tale scempio: vergogna, vergogna vergogna”.

Secondo quanto si apprende pare che a seguito i pensionamenti, il personale medico e infermieristico del centro, così come avviene per altri reparti  dell’ospedale di Lentini, non sarebbe stato sostituito. Nel centro in questione che rimane chiuso anche per intere settimane, confluiscono oltre circa mille donatori di Carlentini e Lentini compresi quelli di Fratres. Una situazione paradossale che vede da un lato l’Avis di Carlentini impegnata nella campagna di sensibilizzazione dei cittadini a donare sangue mentre dall’altro i volontari donatori che trovando il cancello del centro chiuso, sono  costretti a ritornare a casa.

 


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