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Chiesta la conferma della condanna a 7 anni per il lentinese Sebastiano Brunno

Il procedimento giudiziario scaturì dalla denuncia di un imprenditore edile di Carlentini, secondo cui Brunno, forte della sua caratura criminale e conosciuto come “Neddu a crapa”  lo avrebbe costretto a cedergli un appartamento senza alcun corrispettivo

A conclusione della requisitoria, il pg Antonio Nicastro, ha chiesto la conferma della condanna a 7 anni di reclusione a carico del lentinese Sebastiano Brunno, 61 anni, ritenuto il reggente del clan Nardo, conosciuto come “Neddu a crapa”.

Il processo si sta celebrando davanti alla Corte d’appello di Catania e si riferisce al  procedimento giudiziario scaturito dalla denuncia di un imprenditore edile di Carlentini, secondo cui Brunno, forte della sua caratura criminale lo avrebbe costretto a cedergli un appartamento senza alcun corrispettivo.

A giugno del 2020 il tribunale di Siracusa  condannò Brunno  a sette anni di carcere per estorsione, pena   nettamente più bassa rispetto alle richieste del pm che, al termine della requisitoria, aveva sollecitato una pena a 18 anni di reclusione.

In aula, il titolare dell’azienda edile ha riferito che Sebastiano Brunno, all’epoca dei fatti   lo avrebbe contattato perché interessato all’acquisto di un appartamento. Dopo avergli consegnato un assegno di 20 milioni di lire avrebbe voluto restituiti i soldi per poi occupare la casa insieme alla sua famiglia. La vittima non avrebbe fiatato per paura di Brunno, latitante dal 2009 dopo la condanna definitiva all’ergastolo,  poi arrestato a Malta nell’ottobre 2014. Difeso dall’avvocato Sebastiano Troia, l’imputato ha sempre negato ogni addebito e ha prodotto nuovi documenti per dimostrare di essere stato nelle condizioni reddituali di potere acquistare l’immobile e di avere effettuato i pagamenti a favore dell’imprenditore con il quale si sarebbe accordato per una rateizzazione semestrale. L’arringa difensiva è stata fissata per l’udienza del 16 gennaio.


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