Anche la città di Lentini si unisce all’eco di manifestazioni per la morte di Mahsa Amini, giovane 22enne originaria del Kurdistan iraniano morta dopo essere stata arrestata dalla polizia morale perché indossava male l’hijab.
Il Coordinamento delle donne ha organizzato un sit-in in Piazza Umberto I per invitare donne e uomini a difendere il diritto alla libertà di scelta e all’autodeterminazione, e a tagliare una ciocca di capelli da inviare all’ambasciata iraniana.
“Siamo qui per supportare le donne iraniane – spiega Maria Marino, membro del Coordinamento – ma non solo. È un incontro aperto a tutti, per lottare insieme contro ogni forma di violenza e discriminazione, poiché in molti paesi del mondo, compresa l’Italia, non esiste ancora la parità di genere ma, piuttosto, forme di patriarcato fondate sulla violenza e sulla mancanza di libertà dell’agire della donna. L’invito al simbolico taglio dei capelli non è rivolto solo alle donne ma anche – e soprattutto – agli uomini, perché tutti gli esseri umani vanno rispettati”.
Metis Bombaci, del Comitato Antudo, sottolinea l’importanza di “solidarizzare con le lotte a supporto della libertà delle donne iraniane e di ogni parte del mondo, e quindi anche delle donne siciliane”.
Notevole l’affluenza all’evento, così come il numero di donne che, al termine del sit-in, si sono messe in fila per il simbolico taglio delle ciocche di capelli da inviare all’ambasciata iraniana.
“Spero sia un primo passo verso qualcosa di più grande” commenta qualcuno tra i presenti, mentre in piazza sfilano cartelloni in cui si legge a grandi lettere “Siamo tutti Jina Mahsa Amini.
Sì, perché Mahsa – nome con cui è divenuta nota alla cronaca a causa del suo triste destino – si chiamava, in realtà, Jina.
Un nome curdo e quindi proibito, messo all’angolo dalle leggi pensate per oscurare la stessa esistenza dei curdi, e sostituito dal persiano Mahsa sul passaporto.
Ma in qualsiasi modo si scelga di chiamarla, Jina – o Mahsa – è diventata un simbolo, un punto di riferimento per avere dato inizio, pagando con la sua stessa vita, a un grido che per troppo tempo era rimasto soffocato.
E oggi siamo tutti lei e tutte le donne che, come lei, ogni giorno lottano per respirare aria di libertà.
di Sabrina Francalanza
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