Sebbene i suoi riti continuino a essere minati dal consumismo, la tradizione per la ricorrenza dei defunti è ancora viva nelle case di alcuni carlentinesi. Messi da parte per un giorno crisi economica, pandemia e il maltempo, le prelibatezze rigorosamente fatte in casa costituiscono il piatto forte delle tavole. Nessuno rinuncia infatti alle “ossa dei morti”, agli originali “totò bianchi con la liffia”, agli “nzuddi” fatti con il miele di forma rotonda con una mandorla al centro e nemmeno alla frutta Martorana. Così come nelle case dei nonni è ancora presente il cestino con dentro i “bastadduna” (seconda fioritura dei più noti fichidindia), chicchi di melograno, pezzetti di mostarda lasciata essiccare al sole di settembre, noci e frutta secca.
Il mattino del 2 novembre, è la festa dei più piccoli. A Carlentini ancora oggi il giocattolo lasciato dietro la porta d’ingresso costituisce la sorpresa più bella per i bambini. Un modo per tenere vivo il ricordo dei defunti che, in questa circostanza sono passati da quelle parti appositamente per portare i doni. Un’usanza che, nonostante non ci crede più nessuno, puntualmente si tramanda in tutte le case dove ci sono bambini. “ Ai miei tempi – dice la signora Nella, ultraottantenne – si raccontava ai bambini che non si doveva aver timore dei morti. Storielle, cunti e preparazione di dolci tipici erano al centro delle serate che precedevano la festa di Ognissanti e la commemorazione dei defunti. Un modo per tenere vivo il ricordo dei nostri cari“. A causa dell’emergenza sanitaria anche la festa dei morti è diventata low cost. A differenza degli anni passati, i negozi non fanno più grandi affari come una volta e la pandemia ormai da due anni ha impedito lo svolgimento dei mercatini.
© Riproduzione riservata - Termini e Condizioni
Stampa Articolo